La pizza
Già abbiamo fatto cenno che Gaeta conserva nel suo Codex Diplomaticus la più antica testimonianza della pizza nel mondo. Il documento dell’anno 997 dimostra la voluttuosità e l’importanza di tale cibo, visto che esso è utilizzato per il pagamento in natura dell’affitto di un mulino, insieme a: spatula de porco, lumbum e pulli. (Codex Diplomaticus Cajetanus - Doc XCVI).
Per la pizza occorre una farina di grano molto fine (fiore), che era abbondantemente disponibile per la facilità con cui il grano veniva macinato nei vicini mulini ad acqua di Mola (attuale Formia) e sul fiume Garigliano. La macinazione avveniva quindi con energia naturale e non animale o umana e quindi si riusciva facilmente ad ottenere una farina molto sottile.
La pizza è quella bianca, cioè senza il pomodoro arrivato in Europa dopo la scoperta dell’America e diffusosi solo nel XIX secolo.
La tiella di Gaeta
Sicuramente la ricerca di piatti sempre più gustosi portò all’elaborazione della “tiella”, consistente, nell’interpretazione più semplice, nell’interporre tra due “pizze” un ripieno composto di prodotti di terra o di mare.
La storia di questa pietanza è legata indissolubilmente a Gaeta. Da questa secolare tradizione nacque la tiella che permetteva a contadini e pescatori di avere un pasto completo che si conservasse anche per alcuni giorni.Si narra che Ferdinando IV di Borbone ne fosse un grande estimatore, anzi secondo alcuni ne fu proprio l'inventore. Sembra, infatti, che il sovrano nei suoi soggiorni a Gaeta preferisse confondersi con gli abitanti del borgo marinaro e contadino posto fuori le mura e fu in questi luoghi che stupito dall'abilità con la quale le massaie preparavano la pizza elaborò il doppio strato di pasta con il ripieno di pesce o verdura, la tiella appunto, da lui considerata “primo, secondo e terzo”. Ed anche l'aristocrazia cominciò ad apprezzarla, in particolare quella con i calamaretti, pregiatissima; mentre sarde, alici, scarola e baccalà erano le più diffuse tra il popolo del borgo marinaro e contadino che ancora oggi ne custodisce il segreto. Dopo la caduta del regno Borbonico nel 1860 divenne pasto principale per tutti gli emigranti che fino agli anni '50 lasciavano Gaeta alla ricerca di un lavoro. Ridimensionata nel consumo durante i periodi del boom economico, anche perché ricordava miseria ed arretratezza, negli ultimi anni è ritornata prepotentemente alla ribalta per la sua innegabile bontà ed anche per il recupero storico-culturale messo in atto dall'associazione Gaetavola.
Da un punto di vista gastronomico la Tiella di Gaeta è composta di due sottili strati circolari di pasta, posti uno sull'altro, chiusi lungo i bordi per compressione; il ripieno è costituito da prodotti di terra o di mare, o da entrambi, come nel caso di scarola e baccalà. Non è semplice a farsi, perché una buona Tiella deve essere umida nel ripieno, morbida e non inzuppata nella pasta esterna, che deve essere sottile e ben cotta anche nella sfoglia inferiore. Fondamentale è il ripieno, la cui accurata preparazione e l'uso d'ingredienti autoctoni rappresentano il segreto principale della sua bontà. Altra caratteristica importante di questo prodotto è l'apporto nutrizionale: essendo ricca di verdure, pesce azzurro, tra l'altro rigorosamente freschi e stagionali, e di carboidrati corrisponde pienamente ai dettami della dieta mediterranea consigliati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità; al contrario non contiene zuccheri né grassi, se non quelli “buoni” ricchi di acidi grassi omega 3 contenuti nel pesce azzurro e nell'olio extra vergine di oliva, ed ha un basso contenuto calorico pur potendo corrispondere ad un pasto completo.Il condimento è rappresentato da olio extra vergine, sale e, secondo i casi, olive di Gaeta, pomodoro, aglio, prezzemolo, peperoncino.Un ultimo aspetto da non trascurare è la sua forma ed il suo aspetto, consolidati da secoli di tradizione, che la fanno somigliare ad una torta con i bordi (in dialetto affriciegl) sapientemente manipolati ad ottenere un'artistica cornice circolare e rendendola così appetibile anche per i bambini la cui dieta è sempre più povera di verdure e di pesce, capisaldi di una corretta alimentazione.
Riportiamo infine una curiosa descrizione dell'approccio gustativo estrapolata dal libro di Pasquale Di Ciaccio Gaeta-Guida Turistica (Gaeta 1976): “ La si mangia a quarti, senza l'aiuto delle posate. Non c'è gusto se non la si prende tra le dita. La prima verifica della riuscita si effettua sul requisito della compattezza. In un esemplare che si rispetti il lembo inferiore non deve essere gommoso da appiccicarsi ai denti o al palato, né spenzolare dalle dita come la lingua d'un cane affannato facendo sgocciolare frammenti del ripieno. I nostri avi la preferivano condita abbondantemente. L'olio-dicevano- deve poter scorrere sulle avambraccia. Difatti si rimboccavano le maniche prima di mettersi a tavola. Oggi che la fragilità del nostro apparato digerente impone problemi di linea e di dieta, il ricorso all'olio e alle spezie s'è fatto molto moderato; senza peraltro che ne abbia sofferto il sapore e l'aroma. La prodigiosa adattabilità ai mezzi che di volta in volta ci offre il progresso ha consentito alla tiella di conservare le sue essenziali qualità originarie. E' il suo pregio maggiore, il segreto della sua fortuna, della sua abbagliante vitalità.”
La Tiella è attualmente inserita nell'elenco dei prodotti tradizionali della Regione Lazio; inoltre il Comune di Gaeta le ha attribuito il marchio DE.C.O. (Denominazione Comunale di Origine) durante la manifestazione annuale 2005 che si tiene a Maggio di ogni anno.
( Fonte: Associazione Gaetavola- www.gaetavola.org )
Il caniscione di Gaeta
Sia la pizza che la tiella richiedono l’impiego del forno, e Gaeta era povera di frasche, come si evince dalla lettura dei documenti del Codex, sicché conveniva preparare e cuocere le pizze e tielle insieme al pane, quando si poteva utilizzare il forno caldo, per consumare meno frasche. Ecco allora per gli altri giorni il “caniscione”, che è uno strato sottile di pasta di forma circolare ripiegato su se stesso, e riempito con gli stessi ingredienti utilizzati per la tiella. Attenzione: esso non è infornato, ma fritto e non dimentichiamo che i Gaetani commerciavano tanto olio. |